La scorsa settimana ci siamo occupati della situazione paradossale che stanno vivendo i docenti che hanno partecipato al Concorso scuola 2016, in particolar modo quegli insegnanti che hanno vinto il concorso ma con riserva perché privi del titolo e che sono stati successivamente licenziati in seguito a una sentenza del Consiglio di Stato, nonostante avessero vinto il ricorso al Tar del Lazio. Diverso, ma altrettanto emblematico è il caso di Giuseppina Vitale. Laureata all’Università Federico II di Napoli in Tecniche di laboratorio biomedico, dopo diversi anni di supplenze svolte in Emilia Romagna in qualità di docente e di personale Ata, ha partecipato al concorso a cattedra per la scuola primaria e dell’infanzia in Campania, nella speranza che l’impegno e il merito fossero utili alla realizzazione di un progetto di vita, oltre che professionale, segnato da grandi sacrifici e tanti anni di gavetta.
Giuseppina, come tanti, ha preso parte al Concorso scuola 2016 e nonostante l’ottimo punteggio raggiunto si è posizionata solo tra gli idonei. Nel frattempo ha ottenuto una supplenza annuale part-time in una scuola dell’infanzia di Pianura, quartiere della periferia ovest di Napoli, dove attualmente lavora, in attesa che l’assenza di docenti in Campania facesse scorrere le graduatorie. Del suddetto concorso, a oggi, è stato riconosciuto il diritto a ricoprire il ruolo solo per una modesta parte dei vincitori. Che fine hanno fatto dunque gli idonei? La validità della loro posizione è stata prorogata per il quarto anno consecutivo, ma è ancora lontana l’idea che questi docenti possano essere chiamati a ricoprire la carenza di personale che caratterizza da sempre le scuole della Campania. Giuseppina, però, non è l’unica e nella sua stessa condizione ci sono migliaia di docenti in tutta Italia, di cui l’85% sono donne.
Qual è la posizione attuale di voi docenti risultati idonei al concorso del 2016?
“Il Concorso scuola 2016 si è mostrato fin dall’inizio altamente selettivo. Si è svolto con modalità rigorose, selezionando solo gli insegnanti veramente preparati. Sono trascorsi quattro anni da allora e sono stati chiamati pochissimi vincitori a ricoprire il ruolo di docente a tempo indeterminato. La nostra, più che una posizione, è diventata una vera e propria condizione di stallo. La validità della nostra idoneità ha avuto delle proroghe che non continueranno all’infinito. Il Miur, in questi quattro anni di attese, ci ha concesso una possibilità di inserimento nella scuola attraverso una procedura denominata call veloce. Si tratta nello specifico di un sistema di reclutamento di personale docente subordinato alla copertura di incarichi di ruolo in altre regioni. Dopo le immissioni in ruolo ordinarie che avvengono annualmente, sarà possibile per noi essere chiamati in regioni in cui sono sono state esaurite le graduatorie. Pur trattandosi dello stesso concorso che noi abbiamo superato in Campania a parità di diritti, non verrà concesso alcun contratto a tempo indeterminato, né ai vincitori né agli idonei. Col profilarsi di questa situazione saremo in migliaia con un piede dentro e l’altro fuori, senza certezze sul nostro futuro”.
Vi è stata data qualche possibilità di reinserimento?
“Altra possibilità che ci è stata caritatevolmente concessa è quella di accodarci al concorso straordinario del 2018. Più che di un vero concorso, si è trattato di una sanatoria che non ha fatto altro che raccogliere insieme un enorme numero di precari che si sono sommati tra loro. In Campania, ad esempio, funziona che se superi il concorso, viene stilata successivamente una graduatoria, poi passano diversi anni e se vuoi acquisire il ruolo, nonostante i meriti che hai guadagnato, devi trasferirti fuori regione. Nel frattempo, nelle regioni meridionali, per ovviare alla carenza di personale docente, si provvederà con le supplenze annuali. Inoltre, come se non bastasse, per tutti coloro che avranno la possibilità di ottenere un contratto a tempo indeterminato in una regione dove c’è carenza di personale e sono state esaurite le graduatorie, ci sarà l’obbligo di permanenza di cinque anni nella regione in cui sono stati chiamati senza poter usufruire del ricongiungimento familiare, vanificando così la legislazione che tutela i diritti dei lavoratori. Si consuma in questo modo un vero e proprio ricatto morale nei confronti di noi docenti. Una situazione analoga era già accaduta con il concorso del 2012, con tantissimi insegnanti trasferiti al nord Italia e che adesso giustamente richiedono la mobilità per rientrare in Campania”.
Quale situazione si profilerebbe dunque in Campania?
“Nella nostra regione assisteremo a una vera e propria fuga di docenti. Una parte cospicua di noi che è stata selezionata ed esaminata attraverso i criteri di integrità e di professionalità stabiliti dal Miur stesso, porterà altrove la propria esperienza educativa e il proprio bagaglio culturale. I colleghi vincitori e idonei delle regioni del nord che hanno sostenuto il nostro medesimo concorso sono in ruolo e hanno avuto il giusto riconoscimento per i sacrifici fatti nel 2016. Noi campani, allo stesso modo meritevoli e preparati, veniamo trattati come figli di un Dio minore. Questo accade a tutte quelle categorie di lavoratori che, loro malgrado, si ritrovano a essere abbandonati, lasciati soli e senza tutele da parte di quelle stesse istituzioni che dovrebbero salvaguardare i loro diritti. Eppure, svolgere la mansione di insegnanti nella regione in cui abbiamo deciso di concorrere, dovrebbe essere un nostro diritto e invece, così facendo, viene calpestata la nostra scelta”.
A queste condizioni, quali saranno le sorti a cui andranno incontro docenti e studenti?
“Questo vero e proprio esodo forzato comporterà delle problematiche sociali e psicologiche non indifferenti. Noi docenti saremo costretti a separarci dalla nostra famiglia, e in molti casi i nostri figli dovranno rinunciare al diritto di vivere in un ambiente familiare unito e coeso, separandosi dai loro affetti, dalla scuola nella quale sono cresciuti e dai loro amici. Molti nuclei familiari rischiano di essere smembrati, con pesanti ripercussioni sugli equilibri psicologici e sulla stabilità emotiva dei propri membri. Quelli che ci andranno a perdere da questo vai e vieni di insegnanti precari saranno anche gli studenti, che per ogni anno scolastico dovranno fare i conti con un insegnante diverso e un metodo di studio differente. Inoltre anche i nostri figli sono il più delle volte in età scolastica, e perderebbe così valore il concetto nobile di continuità didattica in quanto in molti casi come il mio, saranno costretti a seguire i propri genitori da una regione all’altra. Al contrario, alla mancata continuità didattica, si aggiungerebbe l’ancor più grave assenza di continuità familiare. Senza considerare infine un altro aspetto importante, troppo spesso posto in secondo piano, ossia quello della continuità esistenziale e professionale di noi docenti”.