Fa ancora discutere il caso dei duecento insegnanti campani (trecento in tutto il territorio nazionale) licenziati dal loro ruolo nonostante fossero risultati vincitori del Concorso Scuola 2016. I docenti, nonostante non avessero conseguito l’abilitazione per l’insegnamento, hanno partecipato lo stesso al concorso, ma con riserva, risultando vincitori. Le modalità del concorso sono state poi impugnate davanti al Tar del Lazio il quale diede ragione agli insegnanti confermando le graduatorie, così a partire dal biennio 2018/2019 i vincitori di concorso sono stati assunti come docenti di ruolo con contratto a tempo indeterminato. Un’epopea durata due anni, che sembrava finalmente essere terminata con un lieto fine per i duecento professori campani che nel frattempo avevano iniziato a lavorare nelle scuole, soprattutto quelle del settentrione, dove si sono stabilizzati in seguito alla circolare ministeriale sulla mobilità.
Gli insegnanti non avevano però fatto ancora i conti con le decisioni del ministero dell’Istruzione che ha mal digerito la sentenza emessa dal Tar del Lazio: la decisione è stata così impugnata nell’aprile del 2019 davanti ai giudici del Consiglio di Stato il quale, il 13 novembre dello scorso anno, ha giudicato inammissibile la prova svolta dai docenti interessati, in quanto mancanti del titolo d’accesso al concorso. Mentre il batti e ribatti giuridico è finito addirittura negli uffici della Corte di Cassazione, cui spetterà una decisione risolutiva sulla vicenda, per i docenti sono già scattati i licenziamenti. Ad alimentare il paradosso, inoltre, è il fatto che, per evitare la conseguente perdita delle cattedre, molti dirigenti scolastici hanno richiamato gli stessi docenti licenziati come supplenti brevi di terza fascia, nonostante esistano sentenze del Consiglio di Stato pendenti per casi simili che ne indicano chiaramente l’illegittimità. Una situazione dunque paradossale, a svantaggio dei docenti che, nell’affrontare l’emergenza epidemiologica e tutti i problemi relativi alla didattica a distanza, si sono ritrovati a essere trasformati in oggetto della contesa tra le scelte del Miur, le prescrizioni delle leggi ordinarie e le sentenze degli organi amministrativi dello Stato.