Il nuovo disegno di legge stabilisce che chiunque uccida una donna per ragioni di odio, discriminazione o per impedirle di esercitare i propri diritti e libertà sarà condannato al carcere a vita. “Un passo decisivo nella lotta contro la violenza sulle donne“, ha dichiarato la premier Giorgia Meloni, sottolineando l’importanza del provvedimento. Il ddl, firmato dai ministri Nordio e Roccella, introduce il femminicidio come reato specifico e prevede aggravanti per i casi in cui l’omicidio sia motivato da discriminazione di genere.
Nella bozza del ddl si prevede anche che la pena sarà aumentata da un terzo alla metà se l’omicidio è commesso con intenti discriminatori o repressivi nei confronti della vittima. Negli stessi casi, la pena è aumentata da un terzo a due terzi per quanto riguarda le minacce e il revenge porn. Attualmente i reati di maltrattamenti in famiglia sono puniti con la reclusione da tre a sette anni, pena che aumenta nel caso siano coinvolti minori, donne in stato di gravidanza o disabili.
Più garanzie per le vittime
Tra le novità, spicca l’obbligo per il pubblico ministero che dirige le indagini di ascoltare la vittima nei procedimenti relativi ai reati del cosiddetto “Codice Rosso”. Inoltre, viene riconosciuto alla persona offesa il diritto di esprimere un parere, seppur non vincolante, nei casi di patteggiamento. Viene poi rafforzato il ricorso alla misura cautelare degli arresti domiciliari per gli autori di violenza e si stabilisce l’estensione oltre i 500 metri fissati dalla legge Roccella (168/2023) della distanza minima da tenere, rispetto ai luoghi frequentati dalla persona offesa, in caso di divieto di avvicinamento disposto dal giudice. Nel disegno di legge è previsto anche che, quando al condannato o all’internato sono applicate misure alternative alla detenzione o altri benefici analoghi che comportano l’uscita dall’istituto, “il giudice che ha adottato il provvedimento ne dà immediata comunicazione alla persona offesa indicata nella sentenza di condanna, qualora la stessa ne abbia fatto richiesta indicando il recapito, anche telematico, presso il quale intende ricevere la comunicazione. Se ne hanno fatto richiesta con le medesime modalità, la comunicazione è data ai prossimi congiunti della persona offesa deceduta in conseguenza del reato per il quale il condannato o l’internato è detenuto”.
Inoltre, nei casi di tentato femminicidio il procuratore della Repubblica può revocare l’assegnazione per la trattazione del procedimento se il pubblico ministero non assume informazioni dalla persona offesa e da chi ha presentato denuncia, querela o istanza, entro il termine di tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato, salvo che sussistano imprescindibili esigenze di tutela di minori di diciotto anni o della riservatezza delle indagini, anche nell’interesse della persona offesa. L’articolo 5 del testo prevede che anche nel caso di tentato femminicidio il procuratore della Repubblica può “con provvedimento motivato, revocare l’assegnazione per la trattazione del procedimento se il magistrato non osserva le disposizioni dell’articolo 362, comma 1-ter, del codice di procedura penale” secondo cui il pubblico ministero “assume informazioni dalla persona offesa e da chi ha presentato denuncia, querela o istanza, entro il termine di tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato, salvo che sussistano imprescindibili esigenze di tutela di minori di anni diciotto o della riservatezza delle indagini, anche nell’interesse della persona offesa”.
Con l’approvazione di questo ddl, il governo risponde all’urgenza di affrontare un fenomeno sociale drammatico, come dimostrano i casi di cronaca che hanno scosso l’opinione pubblica. L’obiettivo è chiaro: garantire una maggiore protezione alle donne e rafforzare le pene contro chi si macchia di crimini di genere. Il provvedimento rappresenta un passo concreto nella lotta alla violenza sulle donne e segna un cambio di passo nella legislazione italiana