È un Mertens da record: la sua storia azzurra a suon di gol
L'attaccante belga è diventato, con 122 reti segnate, il primo marcatore "all-time" del Napoli. E, dopo il pareggio siglato sabato sera contro l'Inter, già mette nel mirino la Juventus, avversaria mercoledì nella finale di Coppa Italia
Napoli sente parlare per la prima volta di Dries Mertens – da sabato sera recordman tra i marcatori nella storia della società partenopea con 122 reti segnate – nel settembre 2010, in occasione del match della fase a gironi di Europa League tra gli azzurri e gli olandesi dell’Utrecht. In quel periodo, “radiomercato” dà la società del presidente Aurelio De Laurentiis sulle tracce del centravanti Ricky van Wolfswinkel, all’epoca quasi ventiduenne di grande talento e seguito da mezza Europa. Però, fin dalla gara d’andata (quella che termina 0-0 al San Paolo il 16 settembre 2010, col ritorno caratterizzato, a inizio dicembre, da una tripletta di Cavani in un pirotecnico 3-3), è subito chiaro come nella squadra allenata da Ton Du Chatinier quello veramente forte sia il folletto belga schierato col numero 11 come mezzala sinistra e costantemente oscillante tra centrocampo e attacco scambiandosi di ruolo con l’esterno offensivo Lensky. Molti osservatori italiani, dopo quella partita, si appuntano un po’ di dettagli su quel calciatore rapido e tecnico, allora ventitreenne, nato a Lovanio in Belgio il 6 maggio 1987.
Al termine di quella stagione, Dries Mertens (questo il nome del giocatore) fa il primo salto di qualità della carriera, poiché viene ceduto a una big del calcio olandese come il Psv Eindhoven. E destino vuole che, l’anno dopo, durante l’Europa League 2012-2013, proprio la squadra di proprietà della Philips venga sorteggiata nello stesso girone del Napoli. I due confronti diretti sono dominati dagli uomini del santone Dick Advocaat, vittoriosi 3-0 in casa e 3-1 al San Paolo. Mertens – ormai passato a giocare stabilmente all’ala sinistra con addosso già quel numero 14 che lo accompagnerà anche negli anni successivi – segna un gol nella partita d’andata e (pur riposando al ritorno) offre un’ulteriore dimostrazione del suo talento, stavolta evidentemente decisiva agli occhi degli uomini-mercato di De Laurentiis. Così, nell’estate 2013, forte di ben 45 gol e 43 assist messi a segno nelle 88 gare disputate col Psv Eindhoven (è, senza nessun dubbio, una tra le stelle della Eredivisie), l’esterno d’attacco belga approda all’ombra del Vesuvio – acquistato per nove milioni e mezzo di euro – per mettersi a disposizione del neo-tecnico azzurro Rafa Benitez, all’interno di un nuovo progetto calcistico ambizioso e votato al calcio offensivo grazie agli acquisti, tra l’altro, di tre calciatori provenienti dal Real Madrid: Raul Albiòl, José Maria Callejòn e, soprattutto, il centravanti argentino Gonzalo Higuaìn.
Nonostante i dubbi e le ironie di qualche osservatore poco attento, Mertens diventa fin dal primo anno in Italia un elemento importante nella rosa azzurra e conclude la stagione 2013-2014 con 11 gol in campionato (più 8 assist, in 33 presenze) e altri due in Coppa Italia, tra cui uno nel 3-1 col quale il Napoli batte la Fiorentina nella finale di Roma, purtroppo ricordata soprattutto per l’omicidio del giovane tifoso azzurro Ciro Esposito per mano dell’ultrà romanista Daniele De Santis (poi condannato a sedici anni di carcere). Le sue caratteristiche catturano subito l’occhio: il belga è tecnico, abile nel dribbling e in progressione palla al piede, preferisce partire da sinistra per poi accentrarsi e andare verso la porta. L’anno dopo, pur con qualche insofferenza nei confronti del turnover beniteziano, porta a casa comunque 10 gol e 12 assist totali tra Serie A ed Europa League, assestandosi più o meno sulle stesse cifre anche nel corso della successiva stagione 2015-2016, la prima sotto la guida tecnica di Maurizio Sarri, con altri 11 gol e 7 assist tra tutte le competizioni.
Al di là dei numeri, però, il ruolo di Mertens nel Napoli diventa di giorno in giorno più centrale, grazie al carattere estroverso e alla cultura certamente al di sopra della media del mondo del calcio. Di buona famiglia borghese, infatti, il belga è figlio di un celebre ginnasta e della docente universitaria e ricercatrice Marijke Van Kampen, mentre il fratello Jeroen lavora in televisione come autore e conduttore. Il rapporto con la città e la sua gente è fin da subito sincero e privo di filtri, con Dries e l’esuberante compagna Kat Kerkhofs, a sua volta conduttrice tv di una certa fama in Belgio, capaci di trasformarsi in testimonial viventi di Napoli all’estero e vogliosi di vivere quel luogo d’adozione in profondità e con una curiosità che li fa immediatamente adottare dai napoletani, non soltanto tifosi. Nasce il soprannome “Ciro” e il giocatore assume sempre più spesso, in campo e fuori, atteggiamenti da divertente scugnizzo, peraltro tenendosi sempre alla larga dalle polemiche. Anche la scelta di andare a vivere non nel classico appartamento posillipino “da calciatore”, ma all’interno di un luogo incantevole e unico come il monumentale palazzo Donn’Anna (mirabilmente narrato da Matilde Serao nel suo Leggende napoletane e reso immortale da Raffaele La Capria in Ferito a morte) la dice lunga sull’originalità del personaggio.
Durante la stagione 2016-2017, quando Mertens ha già 29 anni ed è considerato (anche nella fortissima nazionale belga) un talentuoso esterno offensivo capace di destreggiarsi all’occorrenza anche come seconda punta o trequartista, arriva la svolta tecnico-tattica che cambia per sempre il destino del giocatore e ne avvia una seconda parte di carriera memorabile. Dovendo fare di necessità virtù, dopo il controverso passaggio di Higuaìn alla Juventus in estate, l’infortunio del neo-acquisto Milik e la chiara inadeguatezza (soprattutto caratteriale) dell’altro attaccante Gabbiadini, l’allenatore azzurro Maurizio Sarri ha un’intuizione destinata a entrare nei libri di storia del calcio e decide di provare proprio Mertens nel ruolo di centravanti, indovinandone le caratteristiche di freddezza nella conclusione a rete e di rapidità nello stretto e nel breve che, da un certo punto di vista, ne fanno una sorta di Romario europeo. I risultati sono subito esaltanti, col belga che inanella marcature multiple un match dopo l’altro (addirittura, tra l’11 e il 18 dicembre 2016, segna ben sette gol in due sole partite, contro Cagliari e Torino). A fine stagione, il suo score personale dice 34 gol e 12 assist totali in 46 partite giocate tra Champions League, campionato e Coppa Italia (28 in 35 presenze nella sola Serie A). Dries Mertens, ormai, è la stella del Napoli e il suo riferimento tecnico in campo, mentre fuori dal terreno di gioco assurge al ruolo di nuovo “re” della città. L’anno seguente, il suo tabellino col club azzurro si “ferma” (si fa per dire) a 22 reti e 12 assist tra tutte le competizioni, mentre lui a fine stagione conquista col Belgio il terzo posto al Mondiale russo, miglior risultato nella storia dei Diavoli rossi, con i quali, finora, ha disputato 90 gare, a partire dal 2011, segnando 18 gol, ma giocando quasi sempre da esterno offensivo e non come centravanti.
Dopo lo shock dello scudetto perduto a favore degli acerrimi rivali juventini, sul filo di lana e tra mille polemiche ancora non sopite, la storia recente di Mertens al Napoli lo vede passare, nella stagione 2018-2019, dalla guida tecnica di Sarri a quella di Carlo Ancelotti, che però lo riporta molto spesso sulla fascia e gli chiede un lavoro diverso rispetto a quanto faceva il precedente allenatore. Nonostante ciò, anche al termine della prima annata ancelottiana il belga mette assieme numeri di tutto rispetto, con 19 gol e i soliti 12 assist in 47 presenze complessive, senza che il suo ruolo in campo e nello spogliatoio si ridimensioni più di tanto. Anzi, l’improvvisa partenza di capitan Marek Hamsik per il campionato cinese, a febbraio 2019, ne fa uno tra i leader della squadra, anche se il gruppo – come avevano temuto gli osservatori più avvertiti – pare disorientato dal momento in cui si vede privato della presenza, in campo e fuori, del centrocampista slovacco, senz’altro il calciatore che più di tutti ha incarnato in sé l’essenza stessa del Napoli di De Laurentiis e che nelle sue dodici stagioni in azzurro ha saputo battere i record societari di presenze e gol, rispettivamente a quota 520 e 121. La stagione partenopea, dunque, finisce in calando e anche quella attuale, nonostante l’ottimo cammino in Champions League iniziato a settembre 2019 col “botto” casalingo contro i campioni in carica del Liverpool, vede la squadra subito staccata dal vertice della Serie A e poi travolta dalle polemiche in seguito a un vero e proprio “ammutinamento” dei calciatori contro la società a novembre e una spaccatura che, un mese dopo, porta al surreale esonero di Ancelotti al termine del match casalingo vinto 4-0 in Champions League col Genk.
Sulla panchina azzurra arriva Rino Gattuso, che dopo qualche difficoltà iniziale riesce a riprendere il controllo della situazione, anche stringendo intelligentemente un patto d’acciaio con i leader tecnici dello spogliatorio azzurro, primi tra tutti il capitano Lorenzo Insigne e lo stesso Dries Mertens. La baracca pian piano sembra raddrizzarsi, col Napoli che inizia a ingranare nei primi mesi del 2020 e chiude in crescendo prima della pausa forzata del calcio mondiale per tre mesi e mezzo a causa dell’esplosione dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Per Mertens, però, ormai il record di gol di Hamsik è nel mirino. Gli storici 115 di Diego Maradona sono stati superati già da mesi, durante il girone di Champions, contro il Salisburgo. E l’aggancio allo slovacco arriva poco prima della sospensione, contro un avversario prestigioso come il Barcellona, nell’1-1 dell’andata degli ottavi di finale di Champions League. Alla ripresa dell’attività agonistica, quindi, il folletto belga – che Gattuso, nel frattempo, ha riportato stabilmente nel ruolo di centravanti – sceglie un’altra occasione importante per entrare definitivamente nella storia del club azzurro, siglando il suo gol numero 122 per il pari nella semifinale di ritorno di Coppa Italia di sabato sera contro l’Inter, fissando così il punteggio sul definitivo 1-1 che apre al Napoli le porte della finale di Coppa Italia in programma mercoledì alle 21 allo stadio Olimpico di Roma. Di fronte, come in un thriller scritto da un abilissimo sceneggiatore, ci sarà la rivale di sempre, la Juventus, guidata in panchina proprio dall’allenatore che, a fine 2016, ha cambiato per sempre il destino tecnico di Mertens, cioè Maurizio Sarri. E dietro l’angolo, ormai con ben poche incertezze in merito, c’è la firma sul nuovo contratto biennale che, a 33 anni compiuti il mese scorso, di fatto farà terminare la carriera calcistica di questo originale belga-napoletano all’ombra dell’amato Vesuvio.
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