All’Università “L’Orientale” di Napoli si discute di linguaggio di genere e discriminazioni
Quante volte ci siamo interrogati sull'importanza delle parole? Forse non abbastanza se ancora oggi esistono termini discriminatori e offensivi delle diversità. All'Università "L'Orientale" si discuterà dell'importanza di un linguaggio inclusivo e orizzontale
Lunedì 19 dicembre, dalle ore 14:30 alle 18:00, presso la sala conferenze di Palazzo Corigliano, sede storica dell’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” situata in piazza San Domenico Maggiore, nel cuore pulsante del centro antico della città partenopea, si svolgerà l’interessantissimo seminario intitolato “Linguaggio di genere e discriminazioni”. L’evento, rivolto agli studenti e alle studentesse del prestigioso Ateneo partenopeo, nonché a tuttə coloro che sono interessatə ad approfondire l’argomento, è stato ideato e organizzato dal CUG – Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità dell’Università “L’Orientale” di Napoli in collaborazione con Prime Minister, scuola di formazione politica per giovani donne.
Il seminario nasce con lo scopo di andare a indagare, in maniera dettagliata, sull’uso e sul potere del linguaggio, e su come questi abbia rappresentato, nei secoli, uno strumento escludente e discriminatorio nei confronti delle donne e della comunità LGBTQIA+. L’obiettivo di incontri e momenti di studio e di riflessione come quello in programma lunedì presso l’Ateneo partenopeo è quello di creare coscienza e consapevolezza sulla necessità di utilizzare un linguaggio inclusivo, che sia davvero democratico e orizzontale, rispettoso delle diversità, dell’alterità e delle peculiarità di ogni individuo e gruppo sociale. L’evento ha preso forma grazie al lavoro di coordinamento della prof.ssa Emma Imparato, docente di Diritto Pubblico e presidente del CUG dell’Ateneo, da sempre sensibile ai temi legati alle questioni di genere, dando vita a importanti collaborazioni per creare occasioni di dibattito e di confronto attorno ai temi di maggiore attualità politica e sociale.
“Da Presidente del CUG dell’Università “L’Orientale” ritengo che la costruzione di interessanti e fruttuose iniziative come questa,che abbiano come scopo la promozione della cultura delle pari opportunità e soprattutto il rispetto della dignità della persona, sia fondamentale; e che ciò rappresenti uno degli elementi più importanti di una produzione culturale capace di avere un impatto concreto sulla nostra società”, ha dichiarato la prof.ssa Emma Imparato. Dello stesso parere Angela Laurenza, ingegnera, attivista e co-fondatrice di Prime Minister. “Da quattro anni, attraverso la nostra scuola, formiamo le giovani donne del futuro a una politica inclusiva che abbia come scopo il benessere della comunità nella sua più ampia accezione. Speriamo di poter continuare a costruire sinergie di successo che sappiano restituire momenti di approfondimento preziosi dentro e fuori le mura accademiche, nonché per la città”, ha sottolineato la coordinatrice del progetto di empowerment femminile.
La conferenza si aprirà con i saluti istituzionali da parte del rettore dello storico Ateneo partenopeo, il prof. Roberto Tottoli. Seguiranno gli interventi di Nunzia Ragosta, presidente del CUG del Comune di Napoli; della prof.ssa Emma Imparato, presidente del CUG dell’Università “L’Orientale”, e della prof.ssa Tiziana Terranova, delegata alla comunicazione dell’Ateneo partenopeo. A seguire, si entrerà nel clou del seminario, con gli interventi di approfondimento a cura dei docenti dell’Ateneo, di professionisti ed esperti in materia. Aprirà la discussione il prof. Giuseppe Balirano, docente di Lingua e Linguistica Inglese nonché direttore del centro di ricerca interuniversitario I-LanD – Identity, Language and Diversity, il quale esporrà le proprie tesi con l’intervento “Verso una grammatica sociale della visibilità: il potere della lingua come atto democratico”.
Dopo il prof. Balirano sarà la volta della prof.ssa Anna Mongibello, docente di Lingua e Linguistica Inglese, con il focus “Te la sei cercata: riflessioni sulla narrazione mediatica dei casi di violenza di genere”. A seguire interverrà il prof. Domenico Rizzo, docente di Storia Contemporanea e di Gender History, il quale esporrà la tesi “Un istinto maschile irrefrenabile? Radici storiche e vischiosità culturali di un mito”. Parteciperà al dibattito anche Ciro Pellegrino, giornalista di Fanpage nonché docente di Etica e Deontologia del Giornalismo presso L’Università “LUMSA” di Roma, il quale esporrà la tesi “Il linguaggio e il giornalismo oggi”. A chiudere gli interventi ci sarà Isabella Borrelli, digital strategist nonché attivista femminista intersezionale ed LGBTQIA+, la quale interverrà con la tesi “L’importanza del linguaggio come mezzo di trasmissione di ruoli e di diritti asimmetrici”.
Ma cosa intendiamo oggi quando parliamo di linguaggio di genere?
Per secoli la lingua è stata la diretta espressione di una visione prettamente “androcentrica” della società, ponendo il maschile al di sopra di ogni genere e riflettendo in toto un’organizzazione di tipo maschilista, sessista, patriarcale e classista dei rapporti sociali. Con la nascita dei movimenti femministi ed LGBTQIA+, i quali hanno portato ad una maggiore consapevolezza di genere; questa vecchia costruzione sociale, linguistica e culturale di impostazione tradizionale e conservatrice, la quale poneva discriminatoriamente la donna in una posizione di subalternità rispetto all’uomo, è stata radicalmente messa in discussione in quanto non rispecchiava più i drastici cambiamenti sociali ed economici in atto nella seconda metà del Novecento.
Già a partire dagli anni ‘60, i movimenti per l’emancipazione femminile, assieme a intellettuali, scrittori, filosofi, sociologi, linguisti e filologi sottolineavano come fosse necessario ribaltare il paradigma di un linguaggio discriminatorio nei confronti delle diversità. Questa esigenza nacque soprattutto in ambito lavorativo: con il riconoscimento della parità di genere – sancita dagli articoli 3, 29, 37, 51 e 117 della Costituzione Italiana – molte donne iniziarono a ricoprire ruoli, funzioni e posizioni che prima erano solamente appannaggio degli uomini, per questo fu necessario declinare al femminile molte professioni che contemplavano solamente l’esistenza del genere maschile. Emerse così la necessità di adeguare la lingua a una nuova presenza e a un maggiore protagonismo delle donne nella vita politica, sociale, professionale e culturale del Paese. Ed è esattamente su questa spinta che nacquero – e continuano a nascere – “parole nuove”, più inclusive e rispettose delle diversità di genere.
Una tappa fondamentale di questo processo di democratizzazione del linguaggio fu rappresentata dalla pubblicazione, nel 1987, del libro Il sessismo nella lingua italiana, della linguista Anna Sabatini. Questo testo rivoluzionario illuminò il dibattito sulla lingua introducendo il concetto di gender, ossia l’insieme delle caratteristiche sociali, culturali e comportamentali legate all’identità sessuale. Al linguaggio veniva così riconosciuto un ruolo fondamentale nella costruzione dell’identità sociale, e di come questa fosse indissolubilmente legata al sesso e al genere. In Italia, tuttavia, rispetto ad altri Paesi dell’Europa, si è rivelato sempre molto complesso coniare termini ex novo che riflettessero i cambiamenti in atto, e questo più per astratte ragioni ideologiche di matrice conservatrice che per una reale questione linguistica, dunque puramente pratica. Mentre per le lingue anglofone, germaniche ed ebraiche il “problema del genere” non è mai esistito per la presenza del neutro, altre lingue romanze più simili alla nostra come lo spagnolo e il francese hanno dimostrato grande apertura verso le innovazioni linguistiche, a differenza dell’italiano, che è rimasto “indietro”.
Solo di recente il dibattito si è ampliato grazie all’adozione, nel linguaggio sia scritto che orale, di nuove formule espressive che hanno fatto della lingua un laboratorio di inclusività che tendesse a superare la classica distinzione binaria tra i generi. La graduale ricerca di un linguaggio queer e no binary, che rispecchiasse le esigenze della comunità LGBTQIA+ e fosse rispettoso delle differenze di genere, è stato reso possibile anche grazie agli studi, alle ricerche e alle pubblicazioni della sociolinguista Vera Gheno, una delle massime esperte in Italia. Ne sono un esempio l’asterisco (*) e lo schwa o scevà (ə), che rappresentano il risultato di queste innovazioni le quali stanno avendo un importante impatto sul sistema linguistico, benché vengano osteggiate e liquidate dal sistema mediatico italiano, il quale non si è mai distinto per apertura e attenzione verso i temi del progresso. Lo stesso scevà, come evidenziato da Treccani, non è un fatto “nuovo” ma trova già ampio utilizzo nei dialetti meridionali come il napoletano, il pugliese e il calabrese, i quali hanno mantenuto inalterata la presenza del “neutro” ereditata dal Greco e dal Latino.
Dulcis in fundo è bene ricordare, checché ne dicano gli scettici e i detrattori del cambiamento, siano essi in buona o cattiva fede, che è stata la stessa Accademia della Crusca, massima istituzione italiana per quel che riguarda gli studi di linguistica e filologia, a ribadire più di una volta che la nascita di nuovi termini rispettosi del genere di una persona, benché dibattuti, rappresentano la conseguenza diretta dei mutamenti del linguaggio scaturiti dagli stessi cambiamenti sociali in atto. Dunque il rinnovamento della lingua non è un fatto “artificiale”, bensì un processo naturale e fisiologico insito nel linguaggio umano che si evolve di pari passo con il progresso e le conquiste sociali e civili raggiunte. Si tratta dunque di un quadro non definito, in costante mutamento ed evoluzione, e non è da escludere che le parole che noi oggi usiamo, tra cinquant’anni, vengano considerate “obsolete”. La lingua, dunque, non è affatto un monolite inscalfibile, ma assorbe come una spugna i cambiamenti, le mutazioni e le innovazioni culturali di ogni epoca, modellandosi e adeguandosi a seconda delle esigenze che sorgono in un determinato momento storico, presentandosi così come il risultato di una stratificazione tutt’ora in corso.
Il seminario “Linguaggio di genere e discriminazioni” in programma lunedì 19 dicembre a Palazzo Corogliano è ad accesso libero e gratuito, ed è aperto a tuttə, sia che si tratti di persone internə che esternə alla comunità accademica dell’Università “L’Orientale” di Napoli. Per poter partecipare è tuttavia necessario effettuare prima la procedura di registrazione on-line (clicca qui). Per chi non potesse partecipare fisicamente all’evento, il convegno sarà trasmesso anche in diretta streaming sulla piattaforma Zoom (clicca qui). Per maggiori informazioni è possibile inoltre consultare il sito web dell’Università “L’Orientale” di Napoli www.unior.it.
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