Disastro ambientale alla “Frigo Caserta”: l’aria è ancora irrespirabile
I rilevamenti effettuati dall'Arpac hanno rivelato una quantità di diossine e di furani presenti nell'atmosfera sei volte superiori ai limiti stabiliti dalla comunità scientifica
A quattro giorni di distanza dall’ennesimo disastro ambientale che ha colpito l’Agro aversano nel giro di poco tempo, manifestatosi anche questa volta con la distruzione, a causa di un incendio, di un capannone di circa duemila metri quadrati dell’azienda Frigo Caserta, in tutta l’area circostante alla zona industriale di Aversa Nord, tra Gricignano di Aversa e Teverola, l’aria resta ancora irrespirabile. La puzza di bruciato, infatti, è ancora forte e acre e molti stabilimenti presenti in zona sono stati costretti a tenere gli infissi e le finestre chiuse per evitare di far respirare ulteriori esalazioni tossiche ai propri lavoratori.
L’incendio di martedì avrebbe mandato in fumo non solo decine di migliaia di euro di prodotti alimentari surgelati i quali venivano conservati all’interno dei depositi dell’azienda casertana, ma anche numerose celle frigorifere e pannelli di isolamento termico, composti principalmente da materiale plastico altamente nocivo se combusto. Ed è stata proprio la combustione di questi ultimi a generare la spaventosa nube tossica che tra martedì e mercoledì ha sovrastato, minacciosa, i cieli dell’hinterland aversano, incutendo paura e timore tra i cittadini della zona i quali sono stati costretti a barricarsi in casa. Non è stato affatto facile spegnere l’incendio: per domare le fiamme i vigili del fuoco, supportati dalle forze dell’ordine e dalla protezione civile, ci hanno impiegato quasi settantadue ore affinché la situazione tornasse alla normalità, agevolati per fortuna dalle precipitazioni di questi giorni.
Quanto accaduto a inizio settimana non è che il secondo disastro ambientale che colpisce la zona industriale di Aversa Nord nel giro di brevissimo tempo: a settembre, a venire distrutto dalle fiamme, era stato lo stabilimento della Nts di Teverola, situato a poca distanza da qui; mentre si tratterebbe del terzo grande incendio di una fabbrica in Campania, dopo la distruzione, avvenuta circa un mese fa, dello stabilimento della Sapa di Arienzo, nel Beneventano. Si tratta di tre gravi avvenimenti, accaduti a distanza di un mese l’uno dall’altro, che gettano più di un’ombrae qualche sospetto sulle modalità dell’accaduto, e che mettono in evidenza talvolta la carenza o la totale assenza di misure di prevenzione e di sicurezza sui luoghi di lavoro. Per fortuna, in tutti e tre gli incendi, non è stato segnalato alcun ferito tra i lavoratori.
Per quel che riguarda il capannone della Frigo Caserta, nella fattispecie, sarebbero tuttora in corso le indagini da parte delle forze dell’ordine per ricostruire le dinamiche dell’incidente e comprendere come sia scoppiato l’incendio. Secondo le dichiarazioni e le testimonianze rilasciate da alcuni lavoratori presenti sul posto, sarebbe stato presumibilmente un cortocircuito verificatosi in un ufficio adiacente, a far divampare le fiamme le quali avrebbero prima avvolto le celle frigorifere, poi si sarebbero propagate in tutto il capannone, avvolgendo l’intero stabilimento in una bolgia infernale fatta di fuoco e fumi tossici. Tuttavia tali ricostruzioni sono al vaglio degli inquirenti i quali, per ora, preferiscono non sbilanciarsi in quanto non sarebbero da escludere ulteriori piste o motivazioni dietro l’accaduto.
Nel frattempo sono stati resi noti i primi rilevamenti relativi ai monitoraggi effettuati dai tecnici dell’Arpac sull’impatto ambientale causato dal grosso incendio di martedì. Tra i dati pubblicati, quelli che risaltano maggiormente all’occhio, riguardano specialmente la quantità di diossina dispersa nell’atmosfera proprio nel luogo del disastro ambientale tra le giornate di martedì, mercoledì e giovedì. I risultati analitici hanno rilevato infatti la presenza di diossine (Pcdd) e di furani (Pcdf) nell’atmosfera in una quantità pari a 0,93 picogrammi per metro cubo d’aria. Si tratta di un valore di oltre sei volte superiore ai limiti stabiliti dalla comunità scientifica di 0,15 picogrammi a metro cubo. Un dato, questo, da leggere in maniera inconfutabile.
Ciò dimostra come le preoccupazioni degli attivisti ambientali della Terra dei Fuochi circa un’elevata presenza di sostanze inquinanti nell’aria fossero del tutto fondate, diversamente da chi ha cercato di minimizzare l’accaduto. Martedì mattina, inoltre, i tecnici del dipartimento dell’Arpac di Caserta hanno prelevato diversi campioni di suolo per valutare l’eventuale presenza nel terreno, oltre che di diossine e di furani, anche di metalli pesanti, di idrocarburi e di policlorobifenili. Ulteriori accertamenti sono tuttora in corso e non è da escludere che tali agenti chimici, estremamente pericolosi per l’ambiente e per la salute delle persone, possano aver contaminato iterreni agricoli e le falde acquifere presenti in zona. L’emergenza ambientale nell’Agro aversano sembra dunque ben lontana dall’essere risolta e urgono risposte immediate da parte delle istituzioni.
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